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November 8th, 2011:

Kenya senza Pace

I colletti delle camicie degli studenti cominciano a sfilacciarci per l’usura dei continui lavaggi. E’ segno che l’anno scolastico sta per finire. Sono alla nostra scuola superiore, la Domus Mariae a a fine ottobre venticinque studenti i loro cominceranno gli esami finali, per poter eccedere all’università o comunque a scuole di terzo livello. Ieri, come ogni domenica, ho celebrato la Messa con loro e poi mi sono fermato nella scuola per respirarne un po l’aria..
Su richiesta di un gruppo di studenti abbiamo fatto un po di riflessione e preghiera per il Kenya. Naturalmente, come con tuti gli studenti del mondo, chi ha studiato di meno durante l’anno ha pregato con maggiore intensita, che Dio gli doni forza, salute e intelligenza durante gli easmi… A parte questo, gli argomenti per lo scambio di idee e la preghiera non sono mancati.
Nella scorsa settimana sono successi in pochi giorni alcuni disastri, di natura ormai ricorrente.
Lunedì l’incendio del piccolo slum chiamato Sinai le cui immagini orrende hanno fatto il giro del mondo. Quasi cento persone morte bruciate in un rogo scatenatosi mentre una folla era accorsa e cercava con tutti i contenitori possibili di raccogliere oltre centomila litri di carburante che si erano riversati in un canale di scolo dalla tubatura difettosa di una vicina raffineria. .
Due giorni dopo in due diverse località quasi venti persone morte, e altre diventate cieche, per aver bevuto dell’alcool distillato illegalmente, senza eliminare la testa e la coda che normalmente, e lo sanno tutti, sono tossiche.
Sabato sera quattro morti e cinque feriti per il crollo di un edificio in costruzione.
Disastri causati della disperazione, dal desiderio o dalla necessità di far soldi a tutti i costi, e in fretta.
Queste notizie hanno fatto passare in secondo piano la tremenda carestia che sta devastando tutto il nord del paese e che era stata nelle prima pagine dei giornali nel mese precedente
Sono tragedie che hanno responsabilità precise, e il comun denominatore è la corruzione. Per pochi soldi si chiude un occhio se una casa non è costruita secondo i minimi standard, se l’alcool viene distillato nel cortile dietro casa, se un oleodotto regolarmente ha perdite che inquinano e potrebbero innescare un disastro.

Ho interrotto quanto avevo incominciato a scrivere qui sopra, pensando di riprendere dopo poche ore, ma poi sono venuto in Italia per la Perugia – Assisi ed una serie di incontri che mi ha portato da Bolzano a Modica, da Bari a Torino, da Alghero a Conegliano Veneto…
Nel frattempo in Kenya e in tutto il Corno d’Africa la carestia continua, centinaia di persone muoiono ogni giorno, gli interventi umanitari sono assolutamente insufficienti come denunciato degli stessi responsabili degli aiuti, fiumane di persone disperate hanno cominciato a riversarsi in Kenya dalla Somalia in cerca di cibo per sopravvivere, i militanti islamici somali hanno rapito turisti in Kenya, e il governo keniano non ha trovato altra soluzione di inviare l’esercito in Somalia.
Si può pensare che il Kenya riesca a pacificare la Somalia, quando ha fallito l’America e poi l’Etiopia? Anche se negli anni la situazione è cambiata e l’esercito keniano ha il supporto dietro le quinte degli americani, è fin troppo facile prevedere che il risultato sarà nel migliore di casi una serie infinita di scaramucce e scontri.
La violenza, le armi, non vincono mai contro le legittime aspirazioni dei popoli. Nel migliore dei casi nascondono sotto il tappeto di una falsa pace una situazione che riesploderà ancora dopo pochi anni. In Somalia ci si può seriamente domandare quali siano le legittime aspirazioni o se non si sia creata una situazione di violenza cronica che è diventata uno stile di vita. Ma certamente una mamma che sa con certezza che sta morendo per fame insieme ai figli, non si ferma davanti al rischio di essere uccisa da una pallottola.
Addirittura leggo che qualcuno in Kenya sogna di stabilire uno stato cuscinetto fra Kenya e Somalia, da chiamare Azania. E’ la stessa linea di pensiero espressa tre anni fa da un editorialista del Nation di Nairobi che si domandava se il Kenya non avesse la responsabilità di invadere e colonizzare la Somalia, per lo meno fino a che i somali non diventassero capaci di autogestirsi. Intanto, com’era da aspettarsi, dal 6 novembre sono iniziate le reazioni dei fondamentalisti islamici in Kenya, che hanno tirato una granata nel cortile di una chiesa pentecostale, a Grarissa, facendo due morti e tre feriti.

Non sarà facile fermare questa spirale di violenza. Speriamo sempre nei giovani. Che la generazione degli studenti della Domus Mariae capisca che il rispetto dei diritti degli altri e dialogo sono le chiavi della pace. E’ una strada lunga e faticosa, ma non c’è altra via per diventare più umani.

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