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April, 2011:

Easter – Pasqua

Oggi celebrerò la Pasqua a Tone la Maji con tutti i ragazzi e ragazze delle case di Nairobi.
Ieri sera invece i residenti di ogni casa, di ogni famiglia, sono andati a celebrare la Resurrezione nella parrocchia più vicina, a parte i ragazzi di Kivuli, che hanno celebrato in casa, con me.
E’ stata una celebrazione “intima” rispetto ad altri anni: solo i nostri ragazzi – anche quelli non cattolici e i musulmani sono stati liberi di partecipare, come al solito, e nessuno è mancato – e alcuni pochi amici che vivono vicini a Kivuli.

Al momento delle preghiere dei fedeli, molti si sono ricordati di essere stati battezzati in parrocchia negli anni precedenti durante la Veglia Pasquale, ed hanno pregato per i nuovi cristiani che in tutto il mondo in questa notte hanno finito il cammino catecumenale e sono entrati a far parte della Chiesa. In Kenya questa notte qualche decina di migliaia di cristiani adulti si sono aggiunti alla chiesa. Con parole semplici un ragazzo di Kivuli ha pregato “per la grande famiglia dei discepoli di Gesù, dove anche chi non ha una casa é amato dagli altri”. Un altro ha detto semplicemente “Signore, fa che tutti i cristiani diano il benvenuto a tutti coloro che entrano nella chiesa questa notte”.

Il dare il benvenuto, l’accogliere, é uno degli atteggiamenti fondamentali di un cristiano. Incomincia come sempre dalle piccole cose. Dall’ andare a stringere la mano allo straniero che vediamo arrivare con sguardo sperduto alla Massa domenicale nella nostra parrocchia, a ascoltare chi ha bisogno di sfogarsi, a organizzare interventi umanitari per il sostegno ai migranti e rifugiati.
Ho imparato in Zambia. Tutti i partecipanti alla preghiera domenicale – a volte è solo una preghiera perché il prete per la celebrazione eucaristica non c’è – si conoscono, si salutano all’entrata scambiandosi parole di benvenuto e qualche notizia sulla famiglia, e se ci sono di volti nuovi li si avvicina, li si saluta, ci si informa sulla provenienza, e poi al momento degli annunci, dopo la comunione, li si presenta a tutti. Ognuno si deve sentirsi benvenuto, senza forzature. Uscendo dalla chiesa i nuovi arrivati saranno avvicinati da tutti che li saluteranno con loro nome.

Nel Vangelo abbiamo una lunga lista di atteggiamenti diversi di fronte a Gesù. Maria e Giuseppe lo hanno accolto con amore incondizionato, ma poi fin dalla nascita altri lo hanno rifiutato. Lui invece ha sempre accolto chiunque lo abbia cercato. Le prime comunità cristiane descritte negli Atti degli Apostoli ci raccontano di fratelli e sorelle che si ritrovano in un clima di accettazione e di affetto, qualunque fosse la loro origine. L’idea di dare il benvenuto non solo ai fratelli nella fede, ma a tutti, pervade il Nuovo Testamento. I due discepoli che vanno ad Emmaus scoprono che lo straniero non è altri che il Risorto, ma non se ne sarebbero accorti se non lo avessero ricevuto nella loro casa. San Paolo ci ricorda che il dare il benvenuto allo straniero é un dovere da non dimenticare mai.

Noi diamo il benvenuto e abbracciamo gli altri perché sappiamo che Cristo ci ha dato il benvenuto senza nessun nostro merito. Chi é accolto deve capire che che amiamo lui o lei, con i suoi doni, i suoi problemi e le sue necessità, non stiamo mettendo in pratica un comandamento, non stiamo neanche facendo un calcolo economico. E’ vero per esempio che le proiezioni statistiche e il più elementare buon senso ci dicono che senza gli immigrati l’Europa morirebbe di vecchiaia entro una generazione. Ma i cristiani li accolgono in primo luogo perché sono persone umane, non perché sono una risorsa economica..

Benvenuti quindi a braccia e cuore aperto ai nostri fratelli e sorelle che la notte scorsa sono venuti a rendere più forte la nostra fede. In stragrande maggioranza sono Africani e Asiatici, in stragrande maggioranza sono poveri. La Chiesa per fortuna non é legata dalle pastoie dei confini, dei passaporti, dei permessi di soggiorno. Qui nessuno è straniero. Chi non ci è fratello nella comune fede, lo é nella comune figliolanza da Dio.

Buona Pasqua.

La Croce – The Cross

Venerdì Santo. Dio che soffre nella nostra carne, ma anche nel nostro debole spirito, che teme il rifiuto, l’abbandono degli amici e del Padre. Che teme la croce, più che per il dolore fisico, per il disprezzo morale che comporta.
Quando la croce non è presente nella nostra vita, magari ci illudiamo che quando la porteremo, perché la dimensione croce entra prima o poi nella vita di tutti, saremo sicuri di ciò che faremo, che la porteremo, magari piangendo, ma con la nostra dignità intatta, le convinzioni interiori granitiche. Saliremo la montagna guardano verso l’alto, verso l’infinito
Poi il momento viene. La croce magari è più piccola di quanto ti aspettassi, ma sei sul fondovalle, non vedi dove stai andando, hai perso la strada. Quanto manca alla meta? Non ne hai idea, e la stanchezza fisica ti impedisce di ragionare. Ti vien voglia, e ti sembra possibile, di abbandonare tutto e di andartene via. Ma sei intrappolato in un’impresa insensata. Poi, chissà come, chissà da dove ti viene la forza, riesci a rialzarti e rimetterti in cammino. E i dubbi riprendono: sarà la direzione giusta? Ma devo proprio portare tutto questo peso? Ma perché non mi crocifiggono subito risparmiandomi tutta questa strada?
Se, nel più profondo non credessi nella comunione con Lui che ha sofferto sulla croce, tutto ti sembrerebbe inutile e sprecato. Invece sai che tutto in Lui diventerà Luce, Pienezza, Felicità.

KOINONIA: SELF-PORTRAITS BY NAIROBI STREET CHILDREN

Oggi a Nairobi, alla ore 14, nelle sede del British High Commission (cioè l’Ambasciata delle Gran Bretagna in Kenya) ci sarà la presentazione del libro KOINONIA: SELF-PORTRAITS BY NAIROBI STREET CHILDREN di David Fullford, un giovane artista inglese già molto noto. Il libro è già stato presentato a Londra e a New York.
Trovate tutto nel sito
http://portraitsofnairobi.wordpress.com/

Commentare è Difficile

La cronaca politica – o criminale? – italiana che mi capita di leggere sembra quella di un paese che non conosco, o non conosco più. Si resta indignati, ma poi? Poi, quando si va a votare, certi personaggi, come Speroni e Castelli – lecchese, ahimè – vengono rieletti. Allora davvero è un paese ch non riconosco più. Non ho parole. Ho letto molti commenti alle parole di Speroni e di Castelli, Quello dei cristiani di Busto Arsizio che allego é forse un po retorico. Ma bisogna riconoscere che è difficile commentare idiozie criminali come quelle che dicono quei due.
Lettera ai cristiani di Busto della Comunità Cristiana di base – 14.04.2011-1

Il Perdono

Nella scuola superiore dove ogni tanto mi chiamano per parlare agli studenti e celebrare una Messa ho notato che i ragazzi non hanno idea di che cosa sia la confessione. Allora organizzo una catechesi di un paio d’ore. Incomincio chiedendo quali sono secondo loro i valori che Gesù ci ha insegnato. Ne fanno un elenco completo e molto partecipato, si sente che molti di loro hanno capito il messaggio del Vangelo: amore per il prossimo, pace, giustizia, perdono, misericordia, verità, servizio, …. Devo interromperli perché non diventi troppo lungo. Ma l’intervento più inaspettato è quello di Joseph, un sedicenne che frequenta la prima superiore. Joseph, probabilmente per una poliomielite, ha una gamba molto debole, che a volte cede, e quindi si aiuta con una stampella. E’ sempre allegro, e prende sportivamente il fatto che ogni tanto ha bisogno dell’aiuto dei suoi compagni di classe per muoversi e per non cadere. Si fida anche molto di loro, e c’è sempre qualcuno pronto a sostenerlo.
Mentre facevamo l’elenco, subito dopo che uno studente ha detto che il valore più importante è l’amore per Dio e per il prossimo, Joseph alza la mano e, prima ancora di aver ricevuto il permesso di parlare (inusuale, perché un Africa anche i giovani danno molta importanza alla parola e rispettano il diritto degli altri a parlare, osservando semplici regole di dialogo, insomma non si comportano come nei dibattiti televisivi in Italia) dice “la gioa!”. Gli chiedo perché. Mi risponde senza esitazione che un cristiano é sempre contento perché il Signore è risorto, è vivo, ci è vicino. Mi colpisce una risposta cosi profonda e esposta in un modo molto sentito, e la sottolineo perché tutti la capiscano. Poi continuiamo con l’elenco e con la catechesi. Le loro sollecitazioni fanno emergere come la confessione, oltre a donarci il perdono di Dio, sia importante per mantenerci in pace con gli altri, e per continuare a camminare nella direzione giusta. I Masai, dice uno di loro, sanno dove andare a cercare pascoli sufficienti per le loro mandrie anche durate la stagione secca. Se sbagliano direzione mettono a repentaglio la vita degli animali e la loro stessa a vita. Anche noi dobbiamo verificare continuamente dove stiamo andando. Ci stiamo muovendo nel solco della parola di Gesù o nel perseguimento dei valori del mondo?

Dopo una settimana sono in confessionale, cioè in sala professori. Esce un penitente e ne entrano due, uno dei quali è Joseph. Penso mi vogliono avvertire dire che mi stanno aspettando per la Messa. No. Si siedono entrambi sulla panca di fronte a me, e Joseph dice “ci vogliamo confessare insieme perché ci eravamo antipatici, ci facevamo dispetti, a volte dispetti veramente cattivi, ma abbiamo capito che era una cosa sbagliata e per di più anche stupida”, poi prima che mi riesca di dire qualcosa ognuno dei due fa una confessione sincera e completa, di fronte all’altro. Una confessione da ragazzi di quell’età, ma molto onesta , personalizzata, sentita. Do penitenza e assoluzione individuale mentre fra di me cerco di analizzare la stranezza di questa confessione “pubblica” e se ci sia qualcosa che ne infici la validità. Ma sono entrambi evidentemente liberi e contenti di aver fatto pace. Successivamente mi viene un dubbio, parlo loro dopo la Messa, e capisco che nessuno dei due è cattolico, appartengono a due diverse chiese cristiane, dove la pratica della confessione non esiste. Il perdono però lo sanno praticare.

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Una statistica ufficiale ci ha fatto sapere, se ne avessimo avuto bisogno, che il costo del cibo nei mercatini di Nairobi dove si vendono le cose di uso quotidiano è cresciuto del 50 per cento in un anno. Uova, carne, ma anche patate, cavoli, carote, cipolle, sukuma wiki, tutto è vertiginosamente aumentato. Invece i salari sono rimasti gli stessi. Eppure lo stesso ufficio di statistica poche settimane fa annunciava solennemente che l’economia del Kenya negli ultimi due anni ha registrato una crescita di quasi il 7 per cento annuo. Ma chi ne beneficia?

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