Ieri mattina 35 ragazzi di Kivuli, dai 10 ai 16 anni, sono stati battezzati nella chiesa parrocchiale non lontana da noi. E’ stata una giornata molto bella, in grande semplicità , a conclusione di due anni di catechismo che gli interessati hanno personalmente deciso di seguire sempre nei locali della parrocchia, dalle 5 alle 6 di sera, appena ritornati da scuola, rinunciando magari ad attività come il calcio o le lezioni di karate, o semplicemente a rilassarsi. La sera abbiamo avuto un momento speciale di preghiera in comune, una grande famiglia di oltre sessanta persone, intorno ad un grande cerchio di candele che rappresentavano tutti coloro che sono stati per noi una luce. Hanno pregato per tutti, i genitori, i fratelli e le sorelle, gli amici che sono ancora in strada, quelli che non vanno a scuola, quelli che soffrono per le malattie e la fame, per gli amici che ogni anno vengono a trovarci e a stare con noi. Issa, l’ unico musulmano, ha chiuso con una preghiera lunghissima in cui ha fatto il riassunto di tutto ciò che avevano detto gli altri. Poi una fetta di torta e un bicchiere di succo di frutta,  musica e danze fino quasi alle 11, quando e’ incominciato a piovere ed e’ mancata la corrente. Ma c’era dentro una luce che non si e’ spenta.
Life
Perché’ Kenya ed Etiopia Dovrebbero Annettere e Dividere la Somalia
Il 4 ottobre, nella pagine delle opinioni
Il titolo e’ “Why Kenya and
In sintesi, l’ articolo afferma che il continuo disordine in Somalia e’ un pericolo per il Kenya, che, giustamente, e’ da tutti considerato un alleato dell’ occidente, e quindi un nemico fondamentale dei paesi arabi. Annettere la
Sono andato a vedere sul sito
Parlavo di questo articolo con un gruppo di amici keniani, e alla fine, mettendo insieme altri tasselli come l’ evidenza che il Kenya sta riarmandosi e che i mass media internazionali stanno riaccendendo l’ attenzione sulla Somalia, ha prevalso l’ idea che probabilmente questo articolo e’ solo il primo tassello di una campagna per promuovere una “soluzione locale†del problema somalo, preparando l’opinione pubblica keniana per una decisione che e’ già ’ stata presa, non in Kenya. Sembra impossibile, ma che sia cio’ che ci aspetta?
Il Tempo
Ogni giorno mi riprometto di scrivere qualcosa, e mentre mi muovo in auto per visitare varie persone nelle nostre case mi vengono in mente mille idee. Pi mi manca sempre il tempo, anche se ogni giorno succedono cose belle e meno belle che sarebbe interessante riportare.
Ieri abbiamo avuto alla Shalom House un incontro che speriamo sia il primo di una lunga serie. L’ idea, del team di APP, e’ di avviare un dialogo per pace e riconciliazione a livello nazionale, ma che coinvolga effettivamente la base. Perche’ non sembri un modo per APP di monopolizzare un discorso abbiamo coinvolto tutti quelli che lavorano per la pace in Kenya, ed e’ venuta un’ ottima rappresentanza delle associazioni piu’ serie e attive, Anche il Ministro della Giustizia, Martha Karua, ha mandato una sua rappresentante, impedita lei stessa a partecipare perche’ impegnata in un raduno straordinario del Consiglio dei Ministri. Si e’ parlato di avviare un National Institute for Peace (NIP, Istituto Nazionale per la Pace). Come sempre e dappertutto il problema piu’ serio e’ collaborare, tutti vogliono avere l’ esclusiva. Vedremo. L’ impegno da parte di Koinonia e di APP non manca. E’ che a me mance sempre piu’ il tempo. Davvero il tempo e’ grazia, e non dobbiamo lasciarcelo sfuggire tra le mani senza usarlo per pensare il bene, fare il bene, pregare il bene.
E cosi son giorni e giorni che vorrei scrivere qualcosa sullo straordinario libro di Muhammad Yunus che sto leggendo, ma non riesco mai a trovare il tempo.
Un consiglio: per leggere qualcosa di arricchente visitate il sito di Arnoldo, il cui link e’ qui a sinistra.
Zambia in Scozia
Da parecchi anni faccio il pendolare fra Kenya, Zambia, Sudan e Italia. In questi giorni sono uscito dal solito percorso ed ho appena concluso una settimana in una zona della Scozia rurale, piu’ precisamente a Lochgilphead e dintorni. Ci son venuto per essere insieme ai ragazzi di Mthunzi (Lusaka) che erano qui gia’ da tre settimane, offrendo workshops e spettacoli di musica e danze africane in scuole e teatri, e cantando in diverse chiese durante celebrazioni liturgiche.
Sono arrivato senza che se lo aspettassero, ed hanno improvvisato uno show di benvenuto sulla riva del Loch Gilp (foto qui sotto).
Personalmente ho riprovato l’importanza di incontrare nuove persone e nuove culture, mentre ancora una volta i ragazzi hanno dimostrato di essere i migliori promotori di se stessi e delle attivita’ di Koinonia.
Giovedi pomeriggio eravamo ad Oban, una piccola cittadina sul mare. C’erano, nell’aula magna della scuola dove dovevano fare lo spettacolo, un preside evidentemente preoccupato dall’aver dato il permesso di esibirsi a quel gruppo di ragazzi africani con tre vecchi tamburi, e una ventina di studenti dall’aria annoiata sparpagliati sulle 250 sedie… probabilmente obbligati a star li per punizione dopo la fine dell’orario scolastico. Si aspettavano una delle solite esibizioni di routine di gruppi folkloristici. Ma man mano che i ragazzi di Mthunzi hanno incominciato a cantare e ballare le loro composizioni, gli studenti uscivano di corsa a chiamare gli amici. Vedevamo dalle finestre gli studenti che gia’ erano saliti in bicicletta tendere l’ orecchio, fermarsi e appoggiare la bicicletta al muro ed entrare; chi aveva gia’ addentato un panino metterselo in tasca e rientrare precipitosamente. Un’ora dopo non c’era piu’ neanche posto in piedi e lo spettacolo e’ terminato con un’ ovazione e ripetute richieste di bis. E il preside entusiasta che diceva “So bene che i ragazzi son capaci di far tanto rumore, ma di sentirne quindici fare cosi tanto rumore positivo, armonioso ed entusiasmante non mi era mai capitato.â€
I quindici sanno di lanciare un messaggio forte, un messaggio di cui sono convinti. E torneranno in Africa con il desiderio di far crescere il loro paese negli aspetti positivi che hanno visto in Europa, ma senza rinunciare ad essere africani.
Gli amici scozzesi dal canto loro, sono stati di un’accoglienza straordinaria. I ragazzi sono stati sempre con famiglie che li hanno ospitati e coccolati. Che in tutta sta storia ci sia lo zampino di David Livingstone, il missionario scozzese che e’ stato il primo europeo, almeno nei tempi moderni, a fare turismo in Zambia?
Da parecchi anni faccio il pendolare fra Kenya, Zambia, Sudan e Italia. In questi giorni sono uscito dal solito percorso ed ho appena concluso una settimana in una zona della Scozia rurale, piu’ precisamente a Lochgilphead e dintorni. Ci son venuto per essere insieme ai ragazzi di Mthunzi (Lusaka) che erano qui gia’ da tre settimane, offrendo workshops e spettacoli di musica e danze africane in scuole e teatri, e cantando in diverse chiese durante celebrazioni liturgiche.
Sono arrivato senza che se lo aspettassero, ed hanno improvvisato uno show di benvenuto sulla riva del Loch Gilp, c’e’ una foto qui sotto.
Personalmente ho riprovato l’importanza di incontrare nuove persone e nuove culture, mentre ancora una volta i ragazzi hanno dimostrato di essere i migliori promotori di se stessi e delle attivita’ di Koinonia.
Giovedi pomeriggio eravamo ad Oban, una piccola cittadina sul mare. C’erano, nell’aula magna della scuola dove dovevano fare lo spettacolo, un preside evidentemente preoccupato dall’aver dato il permesso di esibirsi a quel gruppo di ragazzi africani con tre vecchi tamburi, e una ventina di studenti dall’aria annoiata sparpagliati sulle 250 sedie… probabilmente obbligati a star li per punizione dopo la fine dell’orario scolastico. Si aspettavano una delle solite esibizioni di routine di gruppi folkloristici. Ma man mano che i ragazzi di Mthunzi hanno incominciato a cantare e ballare le loro composizioni, gli studenti uscivano di corsa a chiamare gli amici. Vedevamo dalle finestre gli studenti che gia’ erano saliti in bicicletta tendere l’ orecchio, fermarsi e appoggiare la bicicletta al muro ed entrare; chi aveva gia’ addentato un panino metterselo in tasca e rientrare precipitosamente. Un’ora dopo non c’era piu’ neanche posto in piedi e lo spettacolo e’ terminato con un’ ovazione e ripetute richieste di bis. E il preside entusiasta che diceva “So bene che i ragazzi son capaci di far tanto rumore, ma di sentirne quindici fare cosi tanto rumore positivo, armonioso ed entusiasmante non mi era mai capitato.â€
I quindici sanno di lanciare un messaggio forte, un messaggio di cui sono convinti. E torneranno in Africa con il desiderio di far crescere il loro paese negli aspetti positivi che hanno visto in Europa, ma senza rinunciare ad essere africani.
Gli amici scozzesi dal canto loro, sono stati di un’accoglienza straordinaria. I ragazzi sono stati sempre con famiglie che li hanno ospitati e coccolati. Che in tutta sta storia ci sia lo zampino di David Livingstone, il missionario scozzese che e’ stato il primo europeo, almeno nei tempi moderni, a fare turismo in Zambia?
Viva Madiba!
Oggi e’ il compleanno di Nelson Mandela. L’ esagerata adulazione e attenzione mediatica che lo hanno circondato non sono riusciti a farcelo diventare antipatico. La sua umanità ’, il suo sorriso, le sue doti di uomo di pace, di politico e di statista sono cosi grandi da farne una figura gigantesca di fronte ai piccoli personaggi suoi contemporanei. “Ci fosse un Mandela in Sud
In
Ieri sono stati pubblicati i risultati di una inchiesta condotta da Transparency International all’inizio di maggio, intervistando 2,400 persone, con criteri scientifici. Hanno compilato un Kenya Bribery Index, da cui risulta che le istituzioni percepite dai cittadini come le più corrotte sono: prima, di molte lunghezze, la polizia; seconde, le autorità ’ locali; terzo, il Ministero della Terra; quarto, il Dipartimento dell’ Immigrazione; quinte, le università ’ private (forse questo spiega perché’ noi troviamo tanti ostacoli a farci registrare come istituto a livello universitario); seste, le amministrazioni Provinciali; e cosi via, fino al ventesimo posto, dove ci sono le università pubbliche. Il 93% di coloro che hanno avuto a che fare a qualsiasi livello con la Polizia si sono trovati in una “situazione di corruzione”. In totale, il 45% degli intervistati ha detto di aver dovuto pagare una bustarella per poter ottenere un servizio in una istituzione pubblica, mentre lo scorso anno le percentuale
Ancora Crisi, ma Waumini e Calcio Crescono
Il Kenya sta affrontando un’altra crisi. Fortunatamente crisi minore rispetto a quello che abbiamo visto succedere lo scorso gennaio, ma comunque sintomo significativo della malattia principale di questo paese, la corruzione. Le informazioni sono ancora insufficienti e il recente passato ci insegna che e’ imprudente dare giudizi affrettati, perché’ il bubbone che e’ scoppiato potrebbe avere radici oiu’ profonde e diverse dalle apparenze. Il ministro delle Finanze, Amos Kimunya, si e’ dimesso l’ altro giorno, sospettato di aver venduto un enorme albergo in centro citta’ a una compagnia libica per circa un terzo del valore reale. E sembra, il condizionale e’ d’ obbligo, che fra gli azionisti principalidella compagnia libica ci siano almeno due Keniani.
La scorsa domenica abbiamo celebrato il quinto anniversario dell’ inizio delle trasmissioni di Radio Waumini. E’ una soddisfazione vedere che questa radio cattolica e’ diventata una presenza forte nel quadro complicato e tremendamente competitivo delle radio keniane. Parecchi di quelli che hanno iniziato questa avventura con me e padre Martin, che ha preso il mio posto come direttore due anni fa quando mi sono ritirato, sono adesso in posizioni di responsabilità in altre radio. E questo non dispiace ne a me ne a Martin, anzi ci sembra un segno di grande successo. L’ ultimo e’ stato Antony Wafula, che ha cominciato con noi, ha fatto la gavetta come annunciatore di continuità ’ ogni giorno feriale dalle 14 alle 19, e pochi mesi fa e’ stato assunto dalla radio governativa come direttore dei programmi di uno dei piu’ importanti canali.
Sono stati giorni di distribuzione di diplomi e attestati. Dopo i diplomi ai maestri Nuba, mi hanno chiamato, lo scorso venerdi, a Nairobi, a consegnare i diplomi a cento “calciatori di strada†che si preparano per la “Homeless World Cup” e poi domenica a sedici allenatori, a conclusione di un altro programma di formazione in informatica e sport che e’ stato voluto dal comune di
Siamo stati coinvolti nella “Homeless World Cup†perche’ l’ idea di un campionato mondiale di calcio di strada e’ nata nel contesto dei giornali di strada, e noi (Koinonia) pubblichiamo da gennaio dello scorso gennaio il primo giornale di strada del Kenya, The Big Issue Kenya. Abbiamo solo successivamente scoperto che a Nairobi esisteva gia’ una squadra di calcio degli “homeless†che aveva gia’ partecipato a due campionati mondiali, e la collaborazione e’ diventata sempre piu’ stretta, anche perche’ a capo della squadra c’e’ un ragazzo musulmano entusiasta, col quale e’ un piacere collaborare. Allora settimana scorsa Mohamed e il nostro Cosmas hanno organizzato un workshop di cinque giorni, finanziato da Unicef, dove si e’ fatta formazione tecnica e umana (prevenzione AIDS ed altro) di oltre cento giovani provenienti da tutti gli slum di Nairobi, e l’ultimo giorno si e’ conclusa con la nomina della squadra e allenatore che andranno a rappresentare il Kenya nella Homeless World Cup che si terra’ in Australia in dicembre. L’ anno prossimo la manifestazione si svolgerà ’ a Milano. Parteciperanno 64 squadre da tutto il mondo, e ci saranno certamente anche i nostri 10 keniani: 8 giocatori perche’ il calcio di strada si gioca in sette piu’ una riserva, un allenatore e un dirigente. Gli amici de l’Altropallone saranno coinvolti anche in questo evento. Per maggiori informazioni potete visitare il sito www.homelessworldcup.org
I Nuba e Dio
La scorsa settimana ho visitato i Nuba, al centro
Ovunque la cerimonia della consegna della pagelle. Nell’ istituto magistrale, dove ci sono alunni che provengono da distanze che si coprono in tre, quattro, cinque giorni di cammino, l’atmosfera e’ quella che si respira in tutto il mondo negli ultimi giorni di scuola, a meta’ fra gioia e malinconia: finalmente si torna a casa, ma non vedro’ più gli amici, fino a ottobre, e magari per molti anni a venire per chi ha completato il corso. Ormai ci sono diplomati
I diplomati, che vivono in capanne auto costruite tutto intorno alle aule in mattoni che siamo riusciti a costruire negli ultimi anni, si sono preparati dei cappelli di carta che imitano nella forma quelli con cui si addobbano i laureati nelle universita’ inglese. Ma non sono comici, sono ragazze e ragazzi che per fare questi due anni di studi hanno fatto sacrifici enormi. Li rappresenta tutti una ragazza la cui mamma, incontenibile,  la porta in giro per mano e orgogliosamente la mostra a tutti, toccandosi la pancia e facendo a ciascuno un discorsetto in una delle mille lingue Nuba. Mi traducono: “Questa mia figlia che oggi ha ricevuto il diploma e’ cresciuta nel mio ventre, proprio questo ventre qui. Pensa che il commerciante arabo del nostro villaggio diceva che noi Nuba siamo stupidi come animali! Invece guarda qui questa mia figlia con il diploma in mano!â€
L’ ultima sera sono assolutamente esausto. Al mattino la lunga cerimonia per la consegna dei diplomi ai maestri, discorso, poi la programmazione
Scelgono il brano della conversione di San Paolo. Si accende una torcia solo per fare la lettura poi si continua alla luce delle stelle. Il lettore e il commentatore parlano un inglese stentato, poi il predicatore decide di passare all’ arabo, e quando il traduttore fa fatica a trovare la parola giusta alcuni dei presenti offrono i loro suggerimenti. Dalla mia posizione vedo il profilo
Ed ecco, improvvisamente, Dio e’ qui. Una presenza solida, che si va viva nelle parole e nella presenza di questa gente buona e dignitosa. Una presenza che riempie tutto. Non c’e’ piu’ uno spazio vuoto, ci compenetra, siamo tutti uniti nel Tutto.
Intanto, poco a poco, sono arrivate una cinquantina di persone. Hanno visto la luce della mia torcia mentre scendevo dalla collina di Kerker, ed hanno fatto un bel pezzo a piedi, al buio, per venire a pregare insieme agli altri. Sono tutti giovani fa i 20 1e i 30 anni e quando mi offrono la pace sento fra le mie le loro mani callose di maestri-contadini.
Domani torniamo a Nairobi. Ancora una volta ho visto che la chiesa non e’ un tempio, la chiesa e’ fatta di gente che cammina e cerca Dio.
Scontro o Solidarietà ?
Scontro o solidarieta’?
La porta di Lampedusa si apre su un mare dove si stima che negli ultimi dieci anni siano perite diecimila persone tentando una difficile attraversata. E’, in un certo senso, un’opera incompiuta. Puo’ restare come un segno di pieta’ e un luogo di raccoglimento, o diventare un freddo monumento funebre come tanti, o allargarsi e diventare il simbolo di un’ Europa che si apre verso l’Africa, verso l’accoglienza e una solidarita’ nuova.
Stara’ a noi, negli anni a venire, costruire il suo significato.
Guardando questa porta, adesso, capiamo che la globalizzazione non e’ un’astrazione, non sono solo merci a basso prezzo che invadono il nostro mercato, non sara’, anche se noi lo vorremmo, una nostra nuova modalita’ per dominare il mondo. Sono persone che finalmente accedono alla consapevolezza di essere parte di un unico mondo, e vogliono essere responsabili della loro vita, una vita che sognano possa diventare piu’ umana, e per far questo sono disposti a venire in Europa a fare i lavori piu’ umili, a accudire ai nostri ammalati, a cucinare il nostro cibo, e a pulire le nostre citta’.
E capiamo che abbiamo bisogno di una rivoluzione nel modo a cui guardiamo alle cose. Il nostro mondo europeo e’ ormai un mondo piccolo, in tutti i sensi, e c’e’ al di la’ di questa porta un mondo piu’ grande che ci chiede di partecipare e di condividere. Gli altri non sono piu’ i “moretti” per i quali le nostre nonne o bisnonne davano una lira perche’ fossero battezzati con il nome di un loro caro, ma sono persone come noi, che vogliono che la loro dignita’ e i loro dirittti siano rispettati. Non possiamo piu’ pensare al nostro piccolo mondo come al centro dell’ universo, ma vediamo che c’e’ al di la dei nostri confini, che perdono sempre piu’ di significato, un nuovo grande mondo ribollente di vita. Chiudere questa porta vorrebbe dire chiudersi alla storia e al futuro.
L’ Europa ha incomiciato a capire che il diritto internazionale che ha costruito negli ultimi secoli, che nega la possibilita’ di interferire con gli affari interni di un paese diverso, anche se in questo paese e’ in atto una persecuzione o un genocidio, andava forse bene prima della globalizzazione. Adesso e’ superato.
Ma e’ gia’ anche superato il diritto di intervento umanitario, che l’ Europa sta elaborando sempre pensandosi come soggetto di questo diritto. Ora, di fronte ai drammi crescenti della fame e del disastro ecologico, viene presa dal panico e risponde alla crescente richiesta di solidarieta’ con promesse che non mantiene mai, come vediamo regolarmente durante gli incontri del G8, ritornando ai meschini interessi nazionali, e alzando barriere sempre piu’ alte.
Cosi, per un momento – e speriamo che sia un momento breve – l’ Europa , crede a chi percepisce e rappresenta lo straniero come una minaccia, come colui che vuole derubarci della “nostra roba” e della “nostra identita”, invece che come “colui senza il quale vivere non e’ piu’ vivere”.
Accentando l’altro non gli facciamo un favore, Aiutiamo noi stessi, evitiamo di diventare maschere, evitiamo di immedesimarci sempre piu’ in una identita’ immaginata che dovrebbe proteggerci dalle nostre insicurezze interiori, ma che e’ di fatto un’ identita’ statica e sterile che ci impedisce di crescere come persone umane e come societa’ E’ una tentazione che coinvolge tutti, anche una Chiesa che talvolta sembra preferire il porto sicuro delle antiche abitudini piuttosto che l’ avventura del mare aperto.
Ma i poveri si rifiutano di vivere in una miseria indegna della persona umana, vittime di una sfruittamento interno ed esterno, di guerre che che non capiscono e non vogliono, e vengono a cercare da noi il sogno dell’ “european way of life” che abbiamo alimentato con la nostra propaganda, stupidamente sicuri che il nostro modello di sviluppo fosse l’unico possibile. Cosi continuano a stimolarci per allargare i nosti orizzonti.
C’e’ chi in Europa crede di poter fermare con le leggi questa ondata di vita che viene ad abbracciarci. Fortunatamente per tutti noi, sono degli illusi. La legge non cambia la storia, anzi, quasi sempre la legge e’ costretta a seguirla, soprattutto quando si tratta di eventi epocali come le migrazioni oggi in atto.
Cosi chi in Europa tiene gli occhi aperti incomincia a capire che la solidarieta’ o diventa globale o non ha piu’ senso. Gli egoismi di classe e di nazione sono il linguaggio del passato. Quando ero bambino la scuola e un certo mondo di adulti cercavano di trasmetterci in tante forme la convinzione che gli austriaci erano il nemico storico per eccelleza. Oggi questo fa ridere, o fa pena. E’ bastata una generazione per far dimenticare pregiudizi che potevano sembrare eterni. Oggi i nostri ragazzi si sentono sempre di piu’ cittadini di un unico mondo e capiscono istintivamente – a meno che siano succubi di martellanti propagande – che la convivenza civile puo’ essere solo fondata su una solidarieta’ globale, altrimenti e’ solo un egoismo mascherato. Bush e i suoi amici saranno consegnati alla storia come sopravvisuti di un’era in cui nessuno piu’ si riconoscera’.
Sono fiero della mia cultura e della mia tradizione. Ma e’ proprio centrale alla grande cultura in cui sono nato il riconoscere in ogni persona prima di tutto la comune umanita’, fonte di dignita’ e diritti, e solo successivamente vedere le differenze. E accettarle come differenze che ci complementano, anzi, che mi creano e che mi danno vita, perche’ senza queste differenze non potrei essere me stesso.
Se facciamo nostra questa rivoluzione mentale, riguardando questa porta non la vediamo piu’ come un monumento ai morti, ma come un grande segno di speranza e di apertura per i vivi. Ci accorgiamo che non facciamo semplicemente memoria di quei poveri corpi in fondo al mare, li riconosciamo come persone che venivano a noi desiderosi di condividere la nostra comune umanita’. Essi, che hanno gia’ attraversato un’ altra porta, quella che si apre sull’ incontro con l’ Infinito, con con colui che e’ davvero e definitivamente l’ Altro, avevano capito cio’ che noi fatichiamo ad intravedere. Hanno aperto questa porta per noi.
Oggi, mentre voi contemplate questa porta sull’ Africa, io sono sui Monti Nuba, al centro del Sudan. Anche da qui e’ partita gente che senza aver mai visto una pozza d’acqua piu’ profonda di un metro, ha tentato di attraversare il grande mare, inseguendo il sogno di un lavoro, di poter mandare un aiuto ai genitori anziani o ai fratelli minori. Oggi alcuni dei loro corpi sono in fondo al mare che state guardando.
Io sto distribuendo il diploma di maestro elementare a circa cento giovani che hanno seguito un corso di due anni fatto qui e gestito da persone locali. Corso voluto dalle stesse organizzazioni che hanno promosso l’apertura della porta realizzata da Mimmo Paladino. Questa mi sembra possa essere la strada, quella esprimere la solidarieta’ andando ad incontrare gli altri la dove sono, per crescere insieme, nel rispetto di tutti. Questi giovani, ai quali e’ stata data l’ opportunita’ di una vita dignitosa tra la loro gente, non andranno ad ingrossare le file di che cerca di attraversare il mare. Questa strada la percorriamo non solo perche’ questo fa bene ai “poveri”, ma perche’ fa bene a noi. Qui dobbiamo venire, scalzi, in segno di rispetto per la terra sacra degli altri, per tornare ad imparare ad essere uomini tra gli uomini. La porta di Lampedusa e’ per un traffico a due direzioni.
La porta di Lapedusa diventa allora un invito a guardare lontano, e a guardare con speranza. Cominciamo a capire che non siamo alla fine della nostra civilta’. Siamo agli inizi di una nuova era, in cui vivere in solidarieta’ globale e’ la nuova dimensione.
L’Aritmetica delle Scimmie
Mi e’ capitato di leggere questa notizia, proveniente dagli
Ecco un nuovo elemento da aggiungere alla lista delle cose che ci legano al mondo animale, in particolare a quello delle scimmie. Anche loro infatti saprebbero contare, o comunque distinguere tra diverse quantità numeriche. Lo dimostra un esperimento condotto dai ricercatori della Duke University di Durham (
Nell’esperimento alle scimmie è stato chiesto di fare rapide addizioni mentali: il 76 per cento degli animali ha risposto positivamente, contro il 94 per cento degli studenti, cui era stato chiesto di fare la stessa cosa. Una differenza di percentuale irrisoria, che secondo gli scienziati americani suggerisce una comune propensione al calcolo.
“E’ noto che gli animali sanno riconoscere le quantità , ma la vera sorpresa sta nella loro capacità di realizzare calcoli matematici come l’addizione”, ha spiegato Jessica Cantlon, ricercatrice al Centro di Neuroscienza cognitiva
Lo studio, pubblicato nella rivista Public Library of Scienze Biology, arriva poco tempo dopo quello di un gruppo di ricercatori giapponesi, che ha dimostrato come i giovani scimpanzé abbiano una memoria di breve termine migliore di quella dei loro colleghi studenti.
Beh, posso garantirvi che i ricercatori
Amnistia e Perdono
n Kenya e’ tornata la pace. O almeno cosi sembra. A Nairobi , anche negli slums che ne erano stati piu’ fortemente colpiti, i segni della violenza stanno rapidamente scomparendo. Strutture provvisorie sostituiscono e nascondono le strutture precedenti che spesso erano solo poco più che provvisorie. La centrale telefonica di Jamuhuri che era state bruciata in uno dei peggiori incidenti dello scorso gennaio, a due passi dalla casa provincializia dei comboniani, e’ stata frettolosamente riverniciata per nascondere i segni delle fiamme e del fumo, anche se ancora non ha ripreso a funzionare.
Ma, per quanti sforzi faccia, il presente governo di grande coalizione – con ben 42 ministri ed una pletora di sottosegretari, fra di loro molti personaggi che lo scorso gennaio apparivano essere nemici acerrimi e che hanno irresponsabilmente alimentato la violenza per i loro scopi politici – non riesce a far dimenticare che ci sono stati oltre millecinquecento morti e un numero ancor piu’ difficile da definire,ma comunque vicino al mezzo milione, di rifugiati. La vernice copre solo le apparenze, non la sostanza.
Due sono le azioni che il governo sta cercando effettuare nel tentativo di far dimenticare il recente passato: un’ amnistia generale per coloro che sono stati responsabili delle violenze post-elettorale, e il ritorno immediato degli sfollati nelle loro case. Le modalita’ usate sono pero’ cosi rozze e improvvisate che rischiano di esacerbare gli animi e provocare un rigurgito di violenza, piuttosto che riavvicinare i tempi della riconciliazione.
L’ amnistia e’ propugnata principalmente da coloro che erano parte dell’opposizione. Ogni pochi giorni alcuni di loro la ripropongono come un atto di clemenza quasi dovuto a chi “ha salvato la democrazia kenianaâ€. Regolarmente altri membri
Uno sfollato che, come tanti, invece di andare in uno degli appositi campi organizzati dal governo ha trovato un tetto preso suo fratello in una baracca vicina a Kivuli, mi diceva qualche giorno fa: “Il ministro *** chiede a gran voce l’ amnistia. Lo capisco benissimo, forse farei lo stesso se fossi al suo posto, visto che e’ l’auto di sua moglie che ha portato le tanche di benzina che son servite a bruciare la mia casa, e non solo la mia. E nella mia casa c’era ancora dentro mio figlio di due anni, John. Potra’ lui restituirmelo?â€
Effettivamente, l’amnistia sarebbe in
Continua il mio interlocutore: “Io sono cristiano, ed ho pensato molte volte che dopotutto dovrei perdonare. Ma l’ amnistia mi rende impossibile il perdono, perche’ cosi non sapro’ mai chi e’ il colpevole. Anche il confessionale il prete da’ il perdono di Dio solo a chi ammette la propria colpa.â€
Ha ragione. Il perdono cristiano e’ un dono e una grazia. Grazia per chi lo offre, e dono per chi lo riceve. Ma la giustizia umana dovrebbe fare il suo corso. La riconciliazione vera e’ possibile solo dopo un’ ammissione di colpa.
Il ritorno degli sfollati alle loro case e’ pure ostacolato dal risentimento, paura e odio che sono nati durante i drammatici episodi di gennaio, nonostante il governo assicuri che questo rientro sta procedendo bene. L’ operazione “Rudi Nyumbani†(ritorno a casa) e’ stata lanciata gia’ nel mese di maggio, con il supporto dei mass media, ma con poca o nulla preparazione. Persone a cui e’ stata bruciata la casa dai vicini, e che hanno visto uccidere i propri cari, si sono sentite dire “tutto e’ finito , preparatevi che domattina vi riportiamo a casa†e il mattino successivo sono stati caricati su un camion e portati fino a casa. O meglio fino a dove abitavano lo scorso dicembre, perche’ hanno trovato una casa o capanna bruciata, campi devastati, pozzi inquinati. E sono stati lasciati li solo con un piccolo aiuto, qualche coperta, pochi chili di farina di polenta e di fagioli. Le agenzia umanitarie molta piu’ difficolta’ a raggiungere coloro che sono ritornati, era piu’ semplice aiutare gli sfollati quando erano ammassati nei campi.
Dice il mio vicino che alcuni sui parenti sono tornati nell’ area in cui anche lui viveva, ma poi, dopo una settimana, sono ritornati nei campi sfollati. A “casa†era difficile vivere, mancava tutto e i vicini erano ostili. Che senso ha ritornare in queste condizioni? Potrebbe essere solo la preparazione di nuove violenze.
Come ha detto Peter Kairo, arcivescovo di Nyeri, che lo scorso gennaio era vescovo di Nakuru, una delle area piu’ devastate dagli scontri “la rivalita’ etnica che ha fatto esplodere la violenza e’ ancora molto alta e la sola presenza della polizia non bastera’ a restaurare la pace.â€
Apparentemente parlava agli anziani di alcuni villaggi. Ma il suo consiglio dovrebbe essere seguito sopratutto dai leaders dei partiti politici rivali, o scorso anno hanno fatto esattamente l’ opposto, cioe’ alimentato il conflitto per trarne il maggior vantaggio possibile.