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January 26th, 2008:

Non Vogliamo un Kenya Diviso

Scontri a Nakuru. Coprifuoco. Conferma che giovani disoccupati disperati sono stati e sono pagati per incendiare e uccidere. Voci, molto credibili, che mi dicono che intorno ad Eldoret cominciano ad arrivare armi e che gli anziani della comunita’ Luo, che pure sono immigrati in questa zona, hanno fatto prestare giuramento ai loro giovani di combattere fino a che tutti i Kikuyu non saranno stati cacciati. Il tribalismo seminato n questi due anni da politici irresponsabili incomincia a dare i suoi amarissimi frutti. 

Voci, anche queste da fonti credibili, dicono che l’ opposizione si sta dividendo, con Raila Odinga piu’ disposto a trattare e un’ ala irriducibile che vuole arrivare a tutti i costi alla presidenza, cosi da poter poi nascondere i misfatti perpetrati. Per questo gruppo, in cui ci sono molti che hanno fatto carriera ai tempi di Moi, non ci possono essere mezze misure.

 Tutto questo mentre a Nairobi la vita e’ tornata quasi normale. I segni degli scontri bisogna andarli a cercare. A Kibera le fila di baracche bruciate sono ancora visibili, come pure la chiesa protestante bruciata e con un buon quarto di tetto crollato, un container in mezzo alla strada principale per cui puo’ passare a stento un’ auto alla volta, l’ albero abbattuto che sta ancora bruciando, le file di gente che gia’ prima dell’ alba e’ al Jamhuri Park sperando di ricevere un po’ di farina e di fagioli.  Ma chi va a Kibera?

 Tutto il West del Kenya, da Nakuru fino a Eldoret e Kisumu, rischia di entrare in uno stato di permanente agitazione e insicurezza, staccato del resto del paese. La necessita’ quindi di risolvere questa crisi in modo credibile diventa sempre piu’ urgente, prima che la violenza si incancrenisca, come abbiamo visto avvenire in Uganda.

E’ importante che la pressione internazionale continui.

 A proposito di Nakuru. Lunedì scorso, mentre la tensione era ancora alta ma non era ancora esplosa la violenza di questi ultimi tre giorni, John Kanene, il responsabile di Kivuli, ha deciso di andarvi per prendere quattro dei nostri bambini che ci erano rimasti bloccati e avevano paura di viaggiare, e per portarci invece altri tre ragazzi piu’ grandi che frequentano la scuola superiore a Nakuru, in una specie di collegio. Come fare per evitare problemi in un viaggio di circa 200 km di sola andata? John ha avuto un’ idea brillante e ha fatto mettere, sporgenti dai finestrini ma alte sopra il tetto, da un lato la bandiera della pace, con scritto PEACE in grande evidenza, dall’ altro la bandiera di Amani, che pure vuol dire pace in kiswahili, e sul retro la bandiera di Koinonia. Cosi addobbati sono andati e tornati senza incidenti. Ai posti di blocco della polizia come ai posti di blocco di manifestanti nessuno ha fatto domande, venivano immediatamente lasciati passare. E la sera un John raggiante poteva annunciare a tutti i ragazzi di Kivuli “Missione Pace compiuta!”

 Stamattina, a Kibera, nella nostra Ndugu Mdogo,  i piccoli fratellini e sorelline – Ndugu Mdogo vuol dire “piccolo fratello” – che sono arrivati l’altra sera erano serenamente impegnati a disegnare. Con me e’ venuto Raphael, n quattordicenne che avevamo accolto a Kivuli qualche giorno prima di Natale. Era preoccupato perche’ non aveva saputo piu’ niente della nonna, che, malaticcia, era rimasta da sola a Kibera. L’ abbiamo trovata un una baracca dove c’e’ appena posto per un materasso perche’ il tetto e’ per meta’ crollato – stranamente il ‘padrone di casa’ non si fa vedere da due anni e lei e’ contentissima perche’ non paga l’ affitto. Ma e’ anziana e malata, e in questi giorni ha mangiato solo saltuariamente. Prima aveva l’ aiuto di Raphael, che alla sera riusciva sempre a portarle qualcosa con le ‘attività’ che svolgeva in strada. Raphael e’ stato felicissimo di trovarla viva, temeva fosse rimasta vittima negli scontri, i peggiori sono avvenuti proprio in quella strada, ma la nonnina ha detto sorridendo che lei avrebbe anche voluto protestare, ma che non aveva avuto la forza di alzarsi dal letto. Raphael le ha promesso che ogni sabato andra’ a trovarla e con il  nostro aiuto le portera’ qualcosa da mangiare.

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