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April, 2008:

Giovani Uniti per la Pace in Kenya

La violenza post-elettorale in Kenya ha rovinato la vita di centinaia di migliaia di persone, la maggioranza di loro bambini e giovani adulti. Alcuni, istigati da una propaganda politica criminosa, hanno commesso violenze, incendiato case, ucciso. E per far questo sono stati pagati. Moltissimi altri sono stati semplicemente vittime, ed hanno perso tutto. Sono rifugiati nel loro stesso paese, non hanno casa, campi da coltivare, scuole da frequentare, lavoro a cui aspirare. Anche la povera ma comunque dignitosa vita del contadino e’ diventata un sogno irraggiungibile.

A Nairobi abbiamo visto troppi di questi giovani disperati. E’ il peggiore dei mali sociali.  Se e’ dolorosissimo veder la sofferenza dei bambini o degli anziani abbandonati, e’ insopportabile vedere che i giovani hanno perso la speranza. Ragazze e ragazzi di vent’anni, che dovrebbero guardare alla vita con aspettative grandi, prepararsi al lavoro, costruirsi una famiglia, donare alla societa’ la loro traboccante energia, hanno invece gli occhi spenti, non credono piu’ a niente e a nessuno. Kamau, un ragazzo di diciotto anni proveniente da una famiglia di agricoltori della Rift Valley che con grandi sacrifici era riuscita a mandarlo in collegio in una scuola superiore di Nairobi, mi diceva ieri: “Non vado piu’ a scuola, vivo con i genitori e i miei fratelli piu’ piccoli in casa del fratello di mia di mia mamma. Siamo 13 in tre stanze, e mio zio cerca di mantenere tutti con un modesto stipendio. E adesso gli stessi personaggi che hanno istigato la violenza che ha distrutto la nostra casa e bruciato i nostri campi, ci verrebbero convincere a tornare. Tu cosa faresti? Io nella Rift Valley non ci tornero’ mai piu’.”

Eppure il Kenya ha bisogno delle voce, dell’ immaginazione, della creativita’ dei giovani se vogliamo uscire da questo clima pesante di sfiducia e di rassegnazione, di totale mancanza di credibilita’ dei leader. Devono essere i giovani a fare emergere il lato piu’ bello di questa straordinaria gente, e aiutare tutti a credere nella giustizia, nella pace e nelle convivenza costruttiva delle decine di popoli qui vivono.

Finalmente la chiesa si sta muovendo e cooperando con altri per aiutare la ricostruzione. Sabato prossimo, 3 maggio, alcuni istituti missionari, la Commissione Giustizia e Pace delle Diocesi di Nairobi, hanno delegato una gruppo di giovani, fra i quali Africa Peace Point e Koinonia Community ad organizzare un Forum di giovani che sia un’ opportunita’ di riconciliazione per giovani di tutte le fedi e di tutti i popoli del Kenya. Si terra’ vicino alla Shalom House, scelta importante perche’ vicina a Kibera, che e’ stata al centro delle violenze scoppiate a Nairobi, e i principali organizzatori sono stati i nostri Michael Ochieng e Esther Kabugi.

Ho chiesto ad Esther che cosa si propone questa giornata. “Mentre la visione e’ di promuovere la costruzione di un Kenya unito, l’obiettivo immediato e’ di avviare questo processo offrendo ai giovani un’opportunita’ di  auto-espressione. Un momento in cui si possa esprimere il proprio dolore e rabbia per quello che e’ successo, ma con un’ apertura verso la speranza e la ricostruzione. Vorremmo parlassero soprattutto  i giovani che hanno sofferto ma che hanno anche saputo reagire contro l’ onda di tremenda violenza che quasi ha travolto il nostro paese”.

Fra i prossimi passi di questo processo ci sara’ anche un pellegrinaggio a piedi, che attraversera’ le zone rurali che sono state il teatro delle violenze piu’ drammatiche, e si concludera’ a Namugongo, in Uganda, nel santuario del luogo dove sono stati uccisi i Martiri d’ Uganda.

Metto qui sotto il poster del Forum del 3 maggio, nel caso qualcuno volesse partecipare… E vi chiedo una preghiera perche’ non piova.

 

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Colloqui di Pace in Uganda

Uganda Peace Talks

A journalist has asked me a question on the Uganda situation. Here are the question and my answer:

Q. Do you think the Uganda peace talks can still be salvaged? If so, what should the Ugandan government, the international community and the LRA do to save the talks from total collapse?

A. Certainly the international community must do its best to end once and for all the suffering of the people of northern Uganda. Yet, it might be better to find a way to restart the talks, and to do it quickly.

The present LRA delegation to the talks is completely disqualified. They do not really represent the LRA, some of the member are almost certainly an infiltration from the Ugandan government. It is easy to imagine that even if they sign an agreement it will not hold.

Kony’s military power is at its lowest level, but there are people who are reorganizing and the great danger is that when a treaty with Kony and LRA is signed, some other rebel organization will spring up. These rebels will most probably not have any visionary motivation, like Kong, but will have a no-nonsense approach, and will be more focused on the rights of the Acholi, at lest as some Acholi perceive them. This makes very important to reach an agreement soon, an agreement that will take into consideration the grievances of the Acholi, to avoid that the dissatisfaction will express itself again with an armed rebellion. Thinking that defeating the LRA military and would be the end of the story could be a dangerous delusion.

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