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December, 2012:

Natale – Christmas

Ci si aspettava che almeno 18 milioni di cittadini keniani si registrassero per le elezioni del prossimo 4 marzo. Alcuni speravano che si potesse arrivare a 22 milioni. Se ne sono registrati solo 14,3 milioni, e la giustificazione per un cosi basso numero é la paura di violenze durante le elezioni. Non si capisce come il non votare possa diminuire il rischio delle violenza, ma certo le notizie quotidiane impensieriscono. Esplosioni di bombe, scontri che avvengono apparentemente tra razziatori di bestiame e che lasciano dozzine di morti. Il timore che questo sia solo l’inizio di una stagione di violenze molto più grandi é fondato.
Ieri mattina andando a Kibera sono passato vicino ad un palazzo di cinque piani che era crollato durante la notte. Per fortuna era ancora in costruzione e non era abitato, e solo due persone sono rimaste ferite in modo non grave. Il crollo di un palazzo costruito illegalmente, senza che il progetto sia stato approvato oppure che é stato approvato pagando una tangente, si merita sul giornale di oggi solo poche righe.

I ragazzi hanno terminato al prima fase del corso del Tome la Maji Circus Project, con uno spettacolo nel teatro di un centro dei Salesiani. Per la prima volta ad un nostro corso di circo hanno partecipato con successo otto bambine della Casa di Anita. Oltre quaranta studenti delle case di Koinonia a Nairobi hanno terminato la classe ottava sono andati per la prima volta al mare, a Mombasa, per una settimana. Venticinque maschi sono stati circoncisi ed sono stati istruiti sulle loro responsabilità di adulti. Tutte le nostre case si stanno mobilitando per una grande concerto per la pace che sarà tenuto dai bambini di Ndugu Ndogo il 26 gennaio, per implorare elezioni senza violenza. Oltre centoventi ragazzi e ragazze ieri sera hanno animato la Messa di Natale a Kivuli. La loro fede, la loro speranza in un possibile mondo migliore, il loro affetto sincero ci rinnovano, ci rincuorano ad affrontare il cammino che ci resta e ci garantiscono che davvero un mondo migliore possibile, l’umanità ne ha il potenziale, dobbiamo lavoraci tutti insieme.

Ho ricevuto degli auguri di Natale con una poesia di Efrem il Siro dedicata al Bambino Gesù. Ve la ripropongo, con la foto dell’ultimo bambino accolto a Kivuli Ndogo.

Come sei sfacciato, o Bambino,
che ti getti nelle braccia di tutti!
A chiunque ti trova, tu sorridi;
a chiunque ti vede, tu vuoi bene.
È come se il tuo amore
avesse fame degli uomini.
Forse non sai distinguere
tra i tuoi genitori e gli estranei?
Tra la tua mamma e le serve?
Tra colei che ti nutre col suo latte e le donne impure?
Questo è la tua sfacciataggine oppure il tuo amore?
Tu, che tutti ami!
Come sei irrequieto,
che ti getti nelle braccia di chiunque ti vede!
È lo stesso se sono ricchi o se sono poveri;
tu cerchi rifugio in loro, senza bisogno che ti chiamino.
Donde ti viene questo essere così affamato degli uomini?

Kongamano la Vijana kwa Base

L’8 dicembre 2012 più di duecento giovani che hanno avuto qualche esperienza di vita di strada e sono stati riscattati da istituzioni di beneficenza a Nairobi, si sono riuniti per il loro primo Forum.

Chiamato Kongamano la Vijana kwa Base (swahili per Forum della Gioventù della Base, base é come i gruppi di bambini di strada designano il loro abituale punto di incontro) il forum si é tenuto alla Shalom House e ha riunito i beneficiari di oltre dieci istituzioni.

Kongamano la Vijana kwa Base è stata un’iniziativa di KOBWA (Koinonia Old Beneficiaries Welfare Association) ed ha visto la partecipazione di altre organizzazioni molto importanti come KESCA, Consolation Africa, Thomas Bernardo’s Home, Rescue Dada e altre. E ‘stato il culmine di un processo iniziato nel mese di agosto 2012.

I beneficiari hanno avuto l’opportunità di condividere le loro esperienze di vita e la possibilità di proporre la via da seguire su come migliorare il processo di riabilitazione e reinserimento sociale .

Il documento finale é pubblicato nel blog in inglese.

Questi due partecipanti al Kongamano sembra abbiano superato la disperazione scritta sulla maglietta. These two participants to the Kongamano seem to have overcome the desperation wirtten on the T-shirt.

Nuovo Consiglio Esecutivo di Koinonia – New Executive Council of Koinonia

Durante l’assemblea annuale di Koinonia tenutasi a Elementaita dal 14 al 16 dicembre, abbiamo anche eletto il nuovo Consiglio Esecutivo. Nella foto sotto sono i primi cinque accosciati, da sinistra: Tony Litunya, Esther Kabugi Masera, Herber Wamalwa (chairman), Tiberius Mogwasi (tresurer), Simon Ng’anga (secretary).

Il Bambino che porta il Perdono

Ogni celebrazione dell’anno liturgico viene abitualmente associata a un valore cristiano. Il Venerdì Santo è il sacrificio e il perdono, la Pasqua la resurrezione e la vita nuova, la Pentecoste la testimonianza e l’impegno nel mondo, il Natale è la famiglia, i bambini, l’amore, la pace.
Chissà perché quest’anno per me il Natale si colorisce soprattutto di perdono, che di solito non è considerato il messaggio più immediato che viene da Betlemme.
È stato il presepio preparato da Frederic Sibomana che mi fa pensare al Natale nella prospettiva del perdono. Frederic e’ uno dei migliori scultori in legno che hanno il laboratorio all’interno di Kivuli, il centro al servizio dei bambini di strada e dele persone in difficolta’ che ho iniziato nel 1997 con i miei amici della comunicta’ Koinona di Nairobi (Kenya). Quest’anno ha fatto un presepio davvero speciale, intagliato a mano, su una tavola di legno di jacaranda. Rappresenta tutta la vita di Gesù: al centro c’è la Natività, intorno scene di vita africana che evocano la missione di Gesù secondo Isaia «Lo Spirito del Signore è sopra di me, per questo mi ha consacrato e mi ha inviato a portare ai poveri il lieto annunzio, ad annunziare ai prigionieri la liberazione e il dono della vista ai ciechi; per liberare coloro che sono oppressi». Vi si vedono i bambini di strada che sniffano la colla, gli schiavi incatenati, i malati trasportati in barella tradizionale, i mendicanti, gli anziani, i ciechi, i bambini, la vita di villaggio. In secondo piano si vede la Crocifissione e all’orizzonte il sole che sorge rappresenta la Resurrezione. Tutta la vita di Gesù e’ simbolicamente descritta in questo grande quadro di un metro per un metro e mezzo. Probabilmente anche tutta la vita di Frederic, che è di origine ruandese, rifugiato in Kenya dal 1994, cercatore di fortuna in Mozambico e Sudafrica, infine rientrato in Kenya perché qui si trova meglio che negli altri paesi dove ha provato a lavorare, essendoci una grossa comunità ruandese che lo fa sentire più a casa. Ieri, primo giorno di Avvento, ha portato la sua opera a Ndugu Mdogo, la casa di prima accoglienza per i bambini di strada che abbiamo avviato a Kibera, la piu’ grande baraccopoli di Nairobi nel 2008, e l’ha` messa nel portico, appoggiata contro il muro. Subito alcuni dei bambini vi si sono seduti intorno mentre lui spiegava cosa rappresenta.
Sul volto del Gesù bambino del presepio di Frederic c’è pace e serenità, anche se e’ gia’ consapevole di cosa gli riserva il futuro. Nonostante i vari gruppi di persone rappresentino situazioni di disagio e dolore che saranno destinatarie dell’annuncio di Gesù, l’umanità sofferente a cui Dio Padre ha inviato il Figlio, anche queste figure sono composte, dignitose. Sono persone abituate alla durezza della vita, non si lamentano, portano il loro fardello con determinatezza. Il Bambino guarda e sembra già accettare tutto, perfino la croce che si intravede in lontananza. Ha già perdonato tutti in anticipo. Anche se sa bene in che mani si è messo. La sua non è rassegnazione ma piuttosto fede e speranza che la tranquilla forza del bene vincerà.
O io vedo troppe cose? Forse quello che vedo sul volto dei Bambino è invece sui volti dei bambini di Ndugu Mdogo.
I bambini sono accovacciati sul pavimento, a contemplare la scultura. Questa è ormai la loro casa da diversi mesi. Indossano vestiti puliti, hanno appena finito colazione e quando è arrivato Frederic stavano parlando con Jack, l’educatore di strada, sulla possibilita’ di un loro reinserimento in famiglia.
Juma, il più piccolo del gruppo, avrà forse sette anni, tocca col dito, esitante, la statua del bambino che sniffa la colla, quella più vicina al Bambino. « È come me» dice rivolgendosi agli altri. Poi si corregge con un sorriso appena accennato «Com’ero». Juma ci ha raccontato che era scappato di casa due anni fa per raggiungere in strada il fratello maggiore, Idriss. La mamma stava via da casa, o meglio dalla baracca, anche per due o tre giorni di seguito, e loro non avevano da mangiare, e non vedevano altra soluzione che andare in strada a rubacchiare o mendicare. Dopo che hanno deciso di andarsene hanno vissuto in strada, insieme, per due anni, prima di venire da noi poche settimane fa. Ma quando abbiamo chiesto ai due fratelli dove vorrebbero stare in futuro ci hanno detto che, se li aiutiamo un poco per poter andare a scuola, e Jack va a visitarli con regolarità, loro sarebbero contenti di stare con la mamma «perché lei ha bisogno di noi». Seduto accanto a Juma c’è Mothami, dodici anni, che era fuggito di casa tre anni fa perché il patrigno tornava sempre a casa ubriaco, picchiava prima la moglie e poi il figli. «Però – dice Mothami – l’ultima volta che ho visitato la mamma in casa non c’era violenza, le cose vanno meglio. Potrei andare a scuola e poi la sera preparare la polenta prima che gli altri rientrino».
Quella mamma e quel papà sono stati perdonati senza che lo abbiano chiesto. Juma, Idriss, Mothami sanno che la vita ha messo i loro genitori in difficoltà, capiscono e perdonano. Sperano che il male che hanno visto e sperimentato non si ripeta più. Che gli adulti possano cambiare in meglio, anche se hanno imparato che non è sempre così facile.
Il Bambino che dirà «Non giudicate e non sarete giudicati. Non condannate e non sarete condannati. Perdonate e vi sarà perdonato» guarda, capisce, approva.

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