Una vita in Africa – A life in Africa Rotating Header Image

December, 2008:

Imparare o Rifiutare

Cosa s’ impara visitando l’ Africa? Niente, se si visita solo l’Africa dei grandi alberghi in riva al mare o dei parchi naturali. Molto se si cerca di condividere anche per pochi giorni la vita della gente, soprattutto dei piu’ poveri, se si visita Kibera e ci si siede con la gente a mangiare un piatto di chapati e sukuma wiki seduti su sgabelli inventati intorno ad un tavolino traballante .

La cosa piu’ importante che s’ impara e’, a mio parere, che le condizioni materiali di vita possono essere superate dalla forza e dalla grandezza dello spirito umano. In situazioni di degrado materiale che potrebbero cancellare ogni senso di dignita’, in posti come Kibera dove l’ immondizia, il fango, l’ odore nauseabondo del putridume vorrebbero umiliare la persona che e’ costretta a viverci in mezzo, si incontrano invece anche persone che ti stupiscono per la loro forza interiore, per come guardano positivamente alla vita, per l’ amore e la tenerezza che traspare dai loro sguardi e dai loro gesti.

E’ il trionfo delle spirito umano, e la prova piu’ evidente che in tutte le persone c’e’ una scintilla di divino che non si spegne mai.

A chi una volta mi ha chiesto “ma come puoi credere che Dio esista di fronte a questa miseria e sofferenza?” mi e’ venuto spontaneo di ritorcere “va’ incontro a queste persone che vivono nella spazzatura, parla con loro, e crederai non solo nell’esistenza di Dio, ma addirittura nella Sua attiva, amorosa presenza. Tu ti lasci accecare dalla miseria perche’ ti sei abituato a vedere e apprezzare solo le cose materiali. Il riconoscere qui la presenza dello Spirito di Dio non e’ una scusa per esonerarci dalla condivisione, ma uno stimolo ulteriore per impegnarci al loro fianco nel superare insieme la miseria e le ingiustizie.”

La Piramide dell’ Amore

Con gli auguri di Buon Natale, un mio breve articolo pubblicato nel n.52/2008 di Famiglia Cristiana

 

«I nostri amici adulti che erano già stati in Italia ci avevano preavvertito che ci sono segnali di razzismo. Ma noi abbiamo incontrato solo delle famiglie in cui ci hanno trattato come se fossimo figli e fratelli. Anche quando andavamo in giro usando i mezzi pubblici, oppure sui treni, la gente ci guardava con simpatia. Forse perché siamo solo dei bambini». È il primo commento di Wilson Abwo, 12 anni, a proposito della sua esperienza italiana. «Ma anche i grandi sono stati bambini con il cuore pieno di sogni», aggiunge Martin, che con i suoi 17 anni è il più grande del gruppo.

Il giudizio lusinghiero di Wilson e la sapienza di Martin sono espressi alla fine di un’esibizione che ha portato il Koinonia Children Team di Nairobi, in Kenya, in giro per l’Italia per quasi tre settimane con uno spettacolo dal titolo Pamoja kwa Amani (“Insieme per la pace“). Provengono tutti da drammatiche esperienze di abbandono, di anni di vita di strada vissuti procurandosi il cibo fra i rifiuti e magari praticando il piccolo furto, delle droghe povere, come la colla da falegname e la benzina, sniffate per calmare i morsi della fame. La loro vita è cambiata da quando il personale di Koinonia, con l’aiuto economico della Ong italiana Amani, li ha convinti a iniziare un processo riabilitativo ed educativo nel grande centro per ex bambini di strada di Kivuli.

Durante i gravissimi disordini avvenuti in Kenya, i bambini di Kivuli si sono accorti di appartenere a tante etnie diverse e hanno voluto immediatamente dare un contributo alla pace improvvisando, pochi giorni dopo l’inizio degli scontri, una manifestazione, chiamando a raccolta tutti i gruppi acrobatici giovanili di Nairobi per fare una grande piramide umana, e adesso con il loro spettacolo vogliono lanciare un appello di pace che vada al di là del Kenya.

«Quanto vale il passaporto di ciascuno di questi bambini? Quanto vale l’esperienza che stanno facendo e la gioia di stare insieme che stanno comunicando? Quanto vale il messaggio di pace contro il razzismo che stanno lanciando ai loro coetanei?», si domanda Paolo Comentale a chi obietta che le risorse per portare i 18 bambini di Koinonia in Italia avrebbero potuto essere usate per necessità  più urgenti.

Comentale è il direttore del Teatro Casa di Pulcinella di Bari. Lo scorso maggio è stato invitato dal Centro italiano di cultura di Nairobi, col collega Giovanni Mancino, a tenere alcuni spettacoli di marionette.

Nel corso della visita è stato a Kivuli, dove vivono oltre 60 ex bambini di strada. Mentre lavorava con una trentina di ragazzini felici di esibire le proprie qualità  di acrobati e giocolieri, Comentale, toccato dalla serenità  e dalla gioia che si respira a Kivuli, ricorda di essersi detto: «Mi avevano detto che negli slum di Nairobi avrei trovato l’inferno, invece ho trovato il paradiso», e poi ha avvicinato John Kanene, il keniano che gestisce il centro, dicendogli: «Io un gruppo di questi bambini li voglio portare in Italia». Così i bambini di Koinonia sono arrivati a Bari, dove è stato loro assegnato il Pulcinella d’oro 2008, premio per la promozione e diffusione del teatro di figura.

Dopo Bari i bambini sono stati a Matera, Caserta, Fabriano, Torino, Piacenza e Milano. Ovunque sono stati accolti da gruppi e famiglie che li avevano già  visitati e conosciuti nel loro ambiente, a Nairobi, e il viaggio in Italia è stato un ritrovarsi, un continuare a costruire dei rapporti di solidarietà. I bambini hanno improvvisato nel parlatorio di un convento di clausura un mini spettacolo per ringraziare le monache che da anni pregano per loro.

Perché ci sia cambiamento occorrono costanza e continuità  per tutti. Per i bambini, che hanno bisogno di sentirsi voluti, cercati, amati, così come per i gruppi e le famiglie italiane. L’esperienza occasionale rischia di restare soltanto un bel ricordo, il rapporto continuo invece cambia il modo di mettersi di fronte agli altri, la prospettiva e il senso del vivere. Per questo, Comentale intende andare ancora il prossimo maggio a Nairobi, con più tempo da dedicare ai bambini di Koinonia, per imparare a fare rivivere le grandi fiabe della tradizione africana. Poi si vedrà come continuare.

Questa visita non poteva capitare in un momento più opportuno, in particolare a Bari, dove recentemente in una scuola alcuni vandali avevano deturpato le immagini di bimbi africani dipinte sui muri di una scuola primaria.

Chi ha incontrato i bambini di Kivuli, li ha ascoltati mentre raccontavano i loro sogni, si è lasciato aprire il cuore dal loro sorriso disarmante, non può non essersi posto delle domande sul suo modo di rapportarsi agli africani, e agli stranieri in genere. Conclude Comentale: «Dobbiamo certo far conoscere i grandi drammi dell’Africa, le ingiustizie di cui è vittima e quelle di cui è complice, ma dobbiamo farne conoscere anche le aspirazioni e le immense potenzialità».

 

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