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Scontro o Solidarietà?

Scontro o solidarieta’?

La porta di Lampedusa si apre su un mare dove si stima che negli ultimi dieci anni siano perite diecimila persone tentando una difficile attraversata. E’, in un certo senso, un’opera incompiuta. Puo’ restare come un segno di pieta’ e un luogo di raccoglimento, o diventare un freddo monumento funebre come tanti, o allargarsi e diventare il simbolo di un’ Europa che si apre verso l’Africa, verso l’accoglienza e una solidarita’ nuova.
Stara’ a noi, negli anni a venire, costruire il suo significato.
Guardando questa porta, adesso, capiamo che la globalizzazione non e’ un’astrazione, non sono solo merci a basso prezzo che invadono il nostro mercato, non sara’, anche se noi lo vorremmo, una nostra nuova modalita’ per dominare il mondo. Sono persone che finalmente accedono alla consapevolezza di essere parte di un unico mondo, e vogliono essere responsabili della loro vita, una vita che sognano possa diventare piu’ umana, e per far questo sono disposti a venire in Europa a fare i lavori piu’ umili, a accudire ai nostri ammalati, a cucinare il nostro cibo, e a pulire le nostre citta’.
E capiamo che abbiamo bisogno di una rivoluzione nel modo a cui guardiamo alle cose. Il nostro mondo europeo e’ ormai un mondo piccolo, in tutti i sensi, e c’e’ al di la’ di questa porta un mondo piu’ grande che ci chiede di partecipare e di condividere. Gli altri non sono piu’ i “moretti” per i quali le nostre nonne o bisnonne davano una lira perche’ fossero battezzati con il nome di un loro caro, ma sono persone come noi, che vogliono che la loro dignita’ e i loro dirittti siano rispettati. Non possiamo piu’ pensare al nostro piccolo mondo come al centro dell’ universo, ma vediamo che c’e’ al di la dei nostri confini, che perdono sempre piu’ di significato, un nuovo grande mondo ribollente di vita. Chiudere questa porta vorrebbe dire chiudersi alla storia e al futuro.
L’ Europa ha incomiciato a capire che il diritto internazionale che ha costruito negli ultimi secoli, che nega la possibilita’ di interferire con gli affari interni di un paese diverso, anche se in questo paese e’ in atto una persecuzione o un genocidio, andava forse bene prima della globalizzazione. Adesso e’ superato.
Ma e’ gia’ anche superato il diritto di intervento umanitario, che l’ Europa sta elaborando sempre pensandosi come soggetto di questo diritto. Ora, di fronte ai drammi crescenti della fame e del disastro ecologico, viene presa dal panico e risponde alla crescente richiesta di solidarieta’ con promesse che non mantiene mai, come vediamo regolarmente durante gli incontri del G8, ritornando ai meschini interessi nazionali, e alzando barriere sempre piu’ alte.
Cosi, per un momento – e speriamo che sia un momento breve – l’ Europa , crede a chi percepisce e rappresenta lo straniero come una minaccia, come colui che vuole derubarci della “nostra roba” e della “nostra identita”, invece che come “colui senza il quale vivere non e’ piu’ vivere”.
Accentando l’altro non gli facciamo un favore, Aiutiamo noi stessi, evitiamo di diventare maschere, evitiamo di immedesimarci sempre piu’ in una identita’ immaginata che dovrebbe proteggerci dalle nostre insicurezze interiori, ma che e’ di fatto un’ identita’ statica e sterile che ci impedisce di crescere come persone umane e come societa’ E’ una tentazione che coinvolge tutti, anche una Chiesa che talvolta sembra preferire il porto sicuro delle antiche abitudini piuttosto che l’ avventura del mare aperto.
Ma i poveri si rifiutano di vivere in una miseria indegna della persona umana, vittime di una sfruittamento interno ed esterno, di guerre che che non capiscono e non vogliono, e vengono a cercare da noi il sogno dell’ “european way of life” che abbiamo alimentato con la nostra propaganda, stupidamente sicuri che il nostro modello di sviluppo fosse l’unico possibile. Cosi continuano a stimolarci per allargare i nosti orizzonti.
C’e’ chi in Europa crede di poter fermare con le leggi questa ondata di vita che viene ad abbracciarci. Fortunatamente per tutti noi, sono degli illusi. La legge non cambia la storia, anzi, quasi sempre la legge e’ costretta a seguirla, soprattutto quando si tratta di eventi epocali come le migrazioni oggi in atto.
Cosi chi in Europa tiene gli occhi aperti incomincia a capire che la solidarieta’ o diventa globale o non ha piu’ senso. Gli egoismi di classe e di nazione sono il linguaggio del passato. Quando ero bambino la scuola e un certo mondo di adulti cercavano di trasmetterci in tante forme la convinzione che gli austriaci erano il nemico storico per eccelleza. Oggi questo fa ridere, o fa pena. E’ bastata una generazione per far dimenticare pregiudizi che potevano sembrare eterni. Oggi i nostri ragazzi si sentono sempre di piu’ cittadini di un unico mondo e capiscono istintivamente – a meno che siano succubi di martellanti propagande – che la convivenza civile puo’ essere solo fondata su una solidarieta’ globale, altrimenti e’ solo un egoismo mascherato. Bush e i suoi amici saranno consegnati alla storia come sopravvisuti di un’era in cui nessuno piu’ si riconoscera’.
Sono fiero della mia cultura e della mia tradizione. Ma e’ proprio centrale alla grande cultura in cui sono nato il riconoscere in ogni persona prima di tutto la comune umanita’, fonte di dignita’ e diritti, e solo successivamente vedere le differenze. E accettarle come differenze che ci complementano, anzi, che mi creano e che mi danno vita, perche’ senza queste differenze non potrei essere me stesso.
Se facciamo nostra questa rivoluzione mentale, riguardando questa porta non la vediamo piu’ come un monumento ai morti, ma come un grande segno di speranza e di apertura per i vivi. Ci accorgiamo che non facciamo semplicemente memoria di quei poveri corpi in fondo al mare, li riconosciamo come persone che venivano a noi desiderosi di condividere la nostra comune umanita’. Essi, che hanno gia’ attraversato un’ altra porta, quella che si apre sull’ incontro con l’ Infinito, con con colui che e’ davvero e definitivamente l’ Altro, avevano capito cio’ che noi fatichiamo ad intravedere. Hanno aperto questa porta per noi.
Oggi, mentre voi contemplate questa porta sull’ Africa, io sono sui Monti Nuba, al centro del Sudan. Anche da qui e’ partita gente che senza aver mai visto una pozza d’acqua piu’ profonda di un metro, ha tentato di attraversare il grande mare, inseguendo il sogno di un lavoro, di poter mandare un aiuto ai genitori anziani o ai fratelli minori. Oggi alcuni dei loro corpi sono in fondo al mare che state guardando.
Io sto distribuendo il diploma di maestro elementare a circa cento giovani che hanno seguito un corso di due anni fatto qui e gestito da persone locali. Corso voluto dalle stesse organizzazioni che hanno promosso l’apertura della porta realizzata da Mimmo Paladino. Questa mi sembra possa essere la strada, quella esprimere la solidarieta’ andando ad incontrare gli altri la dove sono, per crescere insieme, nel rispetto di tutti. Questi giovani, ai quali e’ stata data l’ opportunita’ di una vita dignitosa tra la loro gente, non andranno ad ingrossare le file di che cerca di attraversare il mare. Questa strada la percorriamo non solo perche’ questo fa bene ai “poveri”, ma perche’ fa bene a noi. Qui dobbiamo venire, scalzi, in segno di rispetto per la terra sacra degli altri, per tornare ad imparare ad essere uomini tra gli uomini. La porta di Lampedusa e’ per un traffico a due direzioni.
La porta di Lapedusa diventa allora un invito a guardare lontano, e a guardare con speranza. Cominciamo a capire che non siamo alla fine della nostra civilta’. Siamo agli inizi di una nuova era, in cui vivere in solidarieta’ globale e’ la nuova dimensione.

La Porta di Lampedusa

3 Comments

  1. queste tue preziose considerazioni, caro Padre Kizito, sono importantissime per far capire dove dobbiamo indirizzarci per trovare un modus vivendi di tutti, soprattutto ora che qui in Italia stiamo vedendo un imbarbarimento della società.
    Un forte abbraccio, torna presto!
    laura

  2. Carlotta says:

    Molto di quello che hai scritto fa parte dei doni che ho ricevuto e portato a casa dallo Zambia.
    Spero che questi venti di speranza soffino ovunque, piano piano, restituendo il senso della Vita che in Africa si respira ogni giorno, che sia buono o sia cattivo, dal mattino al mattino successivo. Così. In un tempo che ha qualcosa di eterno che qui sembra aver perso l’orizzonte. Quello dell’Umanità.

  3. Come non condividere la speranza che l’europa non rimanga avviluppata dalle tenebre di scontri xnofobi.
    Il mondo è di tutti…..per tutti!

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