Come aiutare i poveri di tutto il mondo, oltre un miliardo, a superare la loro situazione? E’ una domanda difficile e probabilmente impostata male. Solo per reimpostare adeguatamente la questione bisognerebbe scrivere qualche libro. Ma gli economisti tentano di rispondere, e ci sono recenti libri di successo che affrontano questo argomento, con autori come il Premio Nobel Mohamed Yunus, la zambiana Dambisa Moyo e il canadese Paul Collier.
Un nuovo contributo viene da Joseph Hanlon, Armando Barrientos e David Hulme con un libro che finora è solo in inglese:
“Just Give Money to the Poor: The Development Revolution from the South”.
Ne ho trovato la presentazione in
AfricaFocus Bulettin, un servizio indipendente, gratuito e straordinariamente utile per chi è interessato a temi africani, che cataloga e ri-pubblica articoli, commenti e analisi che provengono dal mondo anglofono. Sono centinaia alla settimana, purtroppo solo in inglese. Fino a qualche anno fa i Padri Bianchi facevano un lavoro simile anche per il francese. Non credo esista niente del genere in italiano.
Ho fatto una traduzione libera e creativa della nota di presentazione dell’editore di AfricaFocus, William Minter, e dell’introduzione al libro.
Potete trovare la versione originale a http://www.africafocus.org/docs10/pov1006.php
Inoltre una versione quasi integrale del libro è disponibile su Google Books: http://books.google.com/books?id=M2WWHIzQON0C
La nota di William Minter
Parlando di povertà lo scorso mese con un giornalista del Washington Post, gli alunni di quinta elementare di un scuola a Southeast Washington (la percentuale di poveri a Washington è del 32 percento) hanno proposto la soluzione più ovvia: “Perche non dal loro i soldi?” (Washington Post, 11 maggio)). Esperti trovano facile respingere e anche ridicolizzare questa proposta di semplice buon senso, preferendo soluzioni magiche teorie sulla ricchezza da dall’alto lentamente raggiunge i più poveri, o elaborati programmi economici di aggiustamento strutturale. Ma questo nuovo libro propone ci matte davanti all’evidenza che probabilmente gli alunni di quinta hanno ragione.
Titolo del libro: Just give money to the poor – the development revolution from the South
Dall’introduzione
“Cuocio al forno 100 panini ogni giorno e li vendo per un dollaro Namibiano l’uno, con un profitto di circa N$ 400 (40 euro) al mese” dice Frieda Nembayai. Fa questa attività dal 2008, quando ha incominciato a ricevere un supporto regolare di N$ 100 (10 euro) al mese, e per la prima volta in vita ha avuto abbastanza soldi per comperare farina e carbonella. Nel vicino Sud Africa, i giovani adulti che vivono in famiglie dove un anziano riceve una pur piccola pensione, hanno più probabilità degli altri coetanei di trovare o di crearsi un lavoro, perché possono lasciare i figli con la persona più anziana che provvede alla cura dei bambini, e loro si dedicano ad un’attività economica.
Queste storie vere indicano una nuova strada per lo sviluppo, che sta prendendo piede nel Sud del Mondo. Invece di mantenere la gigantesca macchina internazionale che cerca di trovare modi per “aiutare i poveri”, è molto meglio dare i soldi direttamente ai poveri, i quali riescono poi a trovare modi efficaci per liberarsi della povertà. E indicano un realtà del mondo in via di sviluppo che è poco capita: il problema maggiore di coloro che sono al di sotto del livello di povertà è la completa mancanza di soldi in contanti. Molti hanno cosi pochi contanti che non possono permettersi neanche una cifra minima per migliorare la qualità del cibo, o mandari i figli a scuola, o mettersi in giro per cercare un lavoro.
Questo libro attinge ad un crescente numero di studi che sottolineano il potenziale e il limite dei trasferimenti in contanti per trasformare la vita delle persone che vivono in povertà. C’è già un forte consenso che molti programmi di trasferimento di soldi in contanti sono stati un buon successo nei paesi già sviluppati, e questo ha spinto una trentina di paesi in via di sviluppo sperimentare nel dare soldi direttamente alla gente, con programmi di “cash transfer”.
Da questi studi emergono quattro conclusioni: questi programmi sono poco costosi, i beneficiari usano i soldi ben e non li sciupano, le donazioni in contanti sono un modo efficiente per ridurre la povertà, e inoltre possono potenzialmente ridurre la povertà futura perché promuovono la crescita economica e lo sviluppo umano. Due area restano comunque al centro di un intenso dibattito: l’obiettivo (le persone che si vogliono raggiungere) e le condizioni . Si dovrebbero dare piccole somme a tante persone o somme più consistenti a pochi? Si devono mettere delle condizioni precise ai beneficiari, come per esempio mandare i loro figli a scuola o contribuire con il loro lavoro a attività sociali? Restano evidentemente delle aree da chiarire per il finanziamento e la messa in opera di questi programmi, specialmente nei paesi pù poveri. e senza dubbio i programmi di cash transfer sono ancora oggetto di controversie e dibatitti, e alcuni restano scettici sulla loro capacità di ridurre ala povertà a lungo termine. Anche questi temi sono discussi nel libro.
Un nuovo modo di pensare
All’inizio si pensava che i cash transfer o donazioni sociali potessero essere solo un lusso per paesi relativamente ricchi. I paesi poveri “non possono permettersi” di dare soldi alle loro fasce più povere, perché troppi cittadini hanno un reddito troppo basso, e quindi bisognerebbe aspettare che la crescita economica li rendesse più “moderni” prima di poter applicare questo “diritto”. In secondo luogo, questo diritto non distingue fra chi se lo merita e chi non, e i ricchi e potenti sono sempre convinti che i poveri sono sempre almeno parzialmente responsabili della loro povertà e quindi non si meritano un sostegno economico. I poveri devono sempre essere guidati o perfino obbligati ad agire per il miglior interesse dei loro figli.
Negli ultimi dieci anni, entrambe queste opinioni state contestate da parte dei paesi in via di sviluppo. Al contrario, sostengono che “non possono NON permettersi” di non dare soldi ai loro cittadini più poveri. Non solo questa pratica è conveniente, spesso è molto più efficiente dei sistemi tradizionali di promossi dalle agenzie di aiuti internazionali e dalle agenzie finanziarie. Essi sostengono che le persone che vivono in condizioni di povertà sanno come usare i soldi. E con questa pratica la responsabilità per sradicare la povertà, come la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo implica, è diventa veramente responsabilità di tutti.
Questa è una sfida importante ad un’industria dell’aiuto allo sviluppo costruita nello scorso mezzo secolo nella convinzione che lo sviluppo e l’eradicazione della povertà dipendevano esclusivamente da ciò che le agenzie internazionali e i consulenti poteva fare per i poveri, senza mai considerare ciò che i cittadini dei paesi in via di sviluppo, e degli stessi paesi tra di loro, potrebbe fare per se stessi. I ricercatori sono rimasti sorpresi di scoprire che, nel complesso, le famiglie con pochi soldi hanno affinato le loro capacità di sopravvivenza di generazione in generazione e sanno usare un po di soldi extra con saggezza e creatività – senza che sia necessario un esercito di soccorritori che come professione insegnano ai poveri come migliorare se stessi.
La ricerca sui trasferimenti di denaro mostra due importanti differenze tra i relativamente poveri e relativamente ricchi. Le persone più povere spendono di più per prodotti alimentari e le merci prodotte localmente, mentre i più abbienti comprano più merci importate, cosi che qualsiasi trasferimento dal ricco al povero stimola l’economia nazionale e locale. In secondo luogo, le persone più povere sono molto più propense a usare piccole somme di denaro per aumentare il reddito – investendo nella loro azienda agricola, nel piccolo commercio, o per la ricerca di un lavoro. In questo modo il contante distribuito diventa un fattore esplicito di sviluppo.
Il fallimento della campagna Make Poverty History
Il numero di persone che vivono in condizioni di povertà cronica è in aumento. Coloro che hanno fatto la campagna nel 2005 per fare “Poverty History” si chiedono che cosa è andato storto. Due libri famosi, Dead Aid: Perché gli aiuti non funzionano di Dambisa Moyo e L’Ultimo Miliarso di Paul Collier sostengono che gli aiuto hanno fallito e sostanzialmente affermano che tale fallimento è in gran parte colpa paesi poveri per uso improprio del denaro.
Gli aiuti non hanno fallito. Il fallimento è quello di un’industria anti-povertà che vive sulla complessità e mistificazione del problema, con consulenti profumatamente pagati per la fabbricazione di progetti sempre più complicati “per i poveri” e che continua a fissare le condizioni politiche per i paesi “che vengono aiutati”. Questo libro offre l’alternativa del Sud – dare i soldi direttamente a coloro che hanno meno ma che sanno fare il miglior uso di essi. I trasferimenti di denaro non sono beneficenza o filantropia, ma piuttosto investimenti che permettono alle persone povere di prendere il controllo del loro sviluppo e di eliminare la povertà. Così, questo libro è una sfida diretta a Moyo, Collier e gran parte dell’attuale teoria a pratica degli aiuti internazionali.
A challenging introductory note and a very interesting book introduction on the much discussed issue of how to reduce world poverty. For reasons of space I have edited and shortened both texts.
You can find the original, as I have found them, in AfricaFocus Bulletin, an independent and extraordinary free electronic publication. It provides re-posted commentary and analysis on African issues. It is edited by William Minter.
You can find it at http://www.africafocus.org/docs10/pov1006.php
Moreover much of the book is available on Google Books at: http://books.google.com/books?id=M2WWHIzQON0C
Editor’s Note
Discussing poverty with a Washington Post reporter last month, 5th graders at a Southeast Washington school (the poverty rate for Washington, DC is 32 percent) came up with an obvious solution. “Why not just give them money?” (Washington Post, May 11). Experts and policy-makers have found it easy to dismiss this common-sense suggestion, in favor of magical belief in trickle-down economics or of elaborate poverty-reduction plans. But a new book brings together weighty evidence that in fact the children are likely to be right.
Book Title: Just give money to the poor – the development revolution from the South
Excerpts from the introduction
“I bake 100 rolls per day and sell each for one Namibian dollar [12>]. I make a profit of about N$400 per month [$50]” said Frieda Nembayai. She began baking rolls in 2008 when she started to receive a grant of N$100 [$12] per month, and for the first time had the money to buy flour and firewood. In neighbouring South Africa, younger adults living in pensioner households are significantly more likely to go out and look for work, because the older person can afford to provide child care and small amounts of money for food and bus fare for the job-seeker.
These stories point to a wave of new thinking on development sweeping across the South. Instead of maintaining a huge aid industry to find ways to “help the poor”, it is better to give money to poor people directly so that they can find effective ways to escape from poverty. These stories point to a little understood reality of the developing world – the biggest problem for those below the poverty line is a basic lack of cash. Many people have so little money that they cannot afford small expenditures on better food, sending children to school, or searching for work.
This book draws on this rapidly growing pool of research to highlight the potential and limitations of cash transfers to transform the lives of people in poverty in developing countries. There is quite a broad consensus that many cash transfers have proved remarkably successful, and this has led to at least 30 other developing countries to experiment with giving money to people directly – through “cash transfer” programmes.
Four conclusions come out repeatedly: these programmes are affordable, recipients use the money well and do not waste it, cash grants are an efficient way to directly reduce current poverty, and they have the potential to prevent future poverty by facilitating economic growth and promoting human development. But two areas remain the subject of intense debate – targeting and conditions. Should smaller grants be given to many people or larger grants to a few? Should recipients be asked to satisfy conditions, such as sending their children to school or doing voluntary labour? Important challenges remain regarding the financing and delivery of these programmes, especially in low income countries. And transfer programmes remain controversial, with some still sceptical about their ability to reduce long term poverty. These issues, too, are discussed in this book.
Changed thinking
First, it had been assumed that social grants were a luxury for the relatively rich. Poorer countries could not “afford” to give money to their own poorest, because so many of their citizens have low incomes, and thus would have to wait until economic growth made them more “modern” before this right could be applied. Second, the right does not distinguish between the deserving and undeserving poor; the rich and powerful always argue that the poor are at least partly responsible for their own poverty and therefore unworthy of support; poor people must be guided or even compelled to act in the best interests of their children.
Over the past decade, both of these beliefs have been challenged by countries in the developing world. They argue that they cannot afford not to give money to their poorest citizens. And not only is it affordable, it is often much more efficient than systems promoted by conventional international aid and financial agencies. They argue that people living in poverty use the money well. And responsibility for eradicating poverty, as the Human Rights declaration implies, is shared by all.
This is the southern challenge to an aid and development industry built up over half a century in the belief that development and the eradication of poverty depended solely on what international agencies and consultants could do for the poor, while discounting what the citizens of developing countries, and the poor among them, could do for themselves. Researchers have been surprised to find that, by and large, families with little money have honed their survival skills over generations and use a little extra money wisely and creatively – without armies of aid workers telling “the poor” how to improve themselves.
Indeed, research on cash transfers shows two important differences between the relatively poor and relatively rich. Poorer people spend more on food and locally produced goods, while the better off buy more imports, so any transfer from rich to poor stimulates the domestic and local economy. Second, poorer people are much more likely to use small amounts of money to try to leverage increases in income – by investing in their farm, by trading, or by looking for work. So grants can be explicitly developmental.
Failing to Make Poverty History
The number of people living in chronic poverty is actually increasing. Those who campaigned in 2005 to “Make Poverty History” increasingly ask what went wrong. Two best selling books, Dambesa Moyo’s Dead Aid: Why Aid is Not Working and How There is a Better Way for Africa and Paul Collier’s The Bottom Billion claim aid has failed, and largely blame poor countries for misusing the money. …
Aid has not failed; rather the failure is of an aid and anti-poverty industry that thrives on complexity and mystification, with highly paid consultants designing ever more complicated projects for “the poor” and continuing to set policy conditions for poor countries. This book offers the southern alternative – give the money directly to the those who have the least of it, but who know how to make the best use of it. Cash transfers are not charity or philanthropy, but rather investments that allow poor people to take control of their own development and end their own poverty. Thus, this book is a direct challenge to Moyo, Collier and much of the current popular writing on aid. …